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Scali ferroviari e fabbriche la rigenerazione è anche sociale

Scali ferroviari e fabbriche la rigenerazione è anche sociale

Milano è in prima fila per la riqualificazione di sette aree abbandonate che si evolveranno secondo i criteri della sostenibilità ambientale. Ma in tutta Italia si moltiplicano i progetti: da Catania a Reggio Emilia la voglia di creare nuovi spazi di aggregazione. Anche condivisa.

 

Le nuove esigenze abitative e lavorative emerse nella stagione del Covid 19. La necessità di sanare ferite all’estetica dei quartieri e all’aria che respiriamo aperte da decenni. Gli interventi realizzati per bonificare aree inquinate e dotarli di sistemi avanzati sul fronte della sostenibilità. La rigenerazione urbana sta cambiando volto alle città, contribuendo in questo modo a rilanciare le economie locali.

 

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MILANO FA SCUOLA

L’immobiliare non residenziale è stato tra i settori più colpiti dalla crisi pandemica in seguito allo svuotamento degli uffici e alle difficoltà del commercio durante le restrizioni agli spostamenti. La fase più acuta dell’emergenza sembra ormai alle spalle, ma tra diffusione dello smart working e crescente familiarità dei consumatori con gli acquisti online, alcuni dei cambiamenti visti in quest’ultimo anno e mezzo sono destinati a diventare strutturali. Così come non può definirsi una moda passeggera l’attenzione verso i temi della sostenibilità ambientale ed energetica, che coinvolge direttamente l’ambito immobiliare, il più importante per emissioni inquinanti nell’aria. Uno degli esempi più lampanti in tal senso è costituito dalla città di Milano, che si appresta a rigenerare i sette ex scali ferroviari. Aree in buona parte in stato di abbandono, che rinasceranno per le nuove necessità. A cominciare dallo scalo Porta Romana, che ospiterà il villaggio olimpico di Milano-Cortina 2026 e, al termine dei Giochi, vedrà convertire le residenze degli urbana delle aree atleti in alloggi di housing sociale e per studenti universitari circondati da un ampio spazio di verde pubblico. Intanto nella zona ovest del capoluogo meneghino, che un tempo ospitava la fiera, sono appena iniziati i lavori della quarta torre che andrà a completare il progetto Citylife, già oggi la più grande area pedonale italiana. Rispetto alle altre tre torri, che si sviluppano in altezza e ospitano rispettivamente gli headquarter italiani di Generali, Allianz e PwC, la nuova struttura – dalla forma ondeggiata e per questo denominata Citywave – si estende in orizzontale. Un complesso che sarà interamente a impatto zero, grazie a 11 mila metri quadri di pannelli fotovoltaici, a un sistema per la raccolta e il riuso delle acque piovane e a una soluzione per l’uso termico delle acque di falda. Partito nel 2003, lo sviluppo immobiliare di Citylife ha vissuto anni difficili per la crisi dei costruttori, fino a che il finanziatore Generali ha deciso di prendere in mano la costruzione realizzando, oltre alle già citate torri, anche complessi destinati al residenziale e un parco che a fine anno sarà ultimato arrivando a 170 mila metri quadri di estensione.

 

SPINTA ALLA RIPRESA

Senza dimenticare i lavori nell’area Porta Nuova (nei pressi della stazione centrale), a cominciare da piazza GaeAulenti che ospita le torri Unicredit e il bosco verticale, una delle più grandi riqualificazioni urbane a uso misto realizzate in Europa, con il coinvolgimento di oltre 20 studi di architettura di otto Paesi. Un progetto che si ipotizza di esportare a Roma, puntando tra gli altri sui fondi europei in arrivo con il Pnrr. Ma esigenze e progetti simili si incontrano un po’ in tutte le grandi e medio-grandi città italiane. Come Catania con il centro fieristico Le Ciminiere, ricavato dal recupero di alcune parti delle costruzioni ormai abbandonate dal Secondo dopoguerra che costituivano il grande complesso industriale di raffinazione dello zolfo estratto dalle miniere dell’entroterra siciliano. Un esempio differente, ma con alcune caratteristiche simili, è quello di Reggio Emilia dove il quartiere che un tempo ospitava le Officine Meccaniche Reggiane è stato riconvertito in un polo dell’innovazione al servizio delle imprese e della ricerca. Negli ultimi decenni molte fabbriche e altre aziende sono state chiuse, lasciando in eredità alle città numerosi stabilimenti pericolosi e antiestetici. A questo proposito, uno studio realizzato da Swg sul rapporto degli italiani con le loro città emerge una diffusa insoddisfazione, con il 93% degli intervistati che ritiene necessario ripensare gli spazi urbani e il 78% che lamenta la presenza di aree degradate. Secondo il 46% la rigenerazione urbana passa attraverso il recupero degli spazi abbandonati e per il 33% attraverso la ristrutturazione di scuole ed edifici pubblici. In quest’ottica, i progetti di rigenerazione urbana permettono di dare una nuova vita a queste aree, renderle sicure e trasformarle in qualcos’altro. Con ricadute positive sui valori immobiliari, anche se non si tratta solo di una questione economica. Gli interventi guardano in primo luogo all’ambito sociale, con la prospettiva di restituire attrattività ai quartieri anche a livello di aggregazione e frequentazione.

 

LA NECESSITÀ DI CONDIVISIONE

Il ritorno alla vitalità dei quartieri come chiave per la rigenerazione urbana è anche il concetto alla base della “città dei 15 minuti” ideato dal professore Carlos Moreno, docente alla Sorbona di Parigi, e poi ripreso dalla sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, per indicare la necessità di consentire anche a chi vive nei grandi centri di raggiungere al massimo entro un quarto d’ora a piedi i servizi necessari per mangiare, divertirsi e lavorare. In che modo? Creando nuovi spazi di aggregazione sociale e culturale, ma anche co-working, ambulatori e aree commerciali di prossimità. Si tratta di una visione dettata dal timore di nuove epidemie con la conseguenza di restrizioni agli spostamenti, oltre che dalla volontà di garantire un migliore equilibrio tra lavoro evita familiare, contribuendo al contempo a decongestionare il traffico in ottica di riduzione dell’inquinamento. Una prospettiva che potrà uscire dalla dimensione dell’utopia e concretizzarsi a patto di mettere in campo non solo nuove risorse finanziarie per gli investimenti, ma anche di accogliere proposte e osservazioni di varia provenienza per completare il percorso verso un nuovo modello di vita nelle città.

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